Scoperto il misterioso ruolo delle cellule a candelabro del cervelletto

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 21 maggio 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le cellule a candelabro della corteccia del cervelletto[1], dopo le cellule di Purkinje e le cellule dei canestri, sono gli elementi citologici più fortemente caratterizzati da un punto di vista morfologico di tutte le strutture cerebellari. Identificate da alcuni autori con le cellule a pennacchio di Cajal, “sono situate, di preferenza, nella parte superficiale dello strato granuloso, in vicinanza delle cellule di Purkinje. Hanno prolungamenti interni piuttosto corti e prolungamenti esterni assai lunghi. Questi ultimi giungono, in superficie, fin sotto alla pia madre, naturalmente dopo aver attraversato lo strato molecolare: sono disposte in modo da ricordare i bracci di un candelabro. Al di sotto della pia madre, come sempre, si trova uno straterello continuo di neuroglia (neuroglia periferica o marginale). Partecipano alla costituzione di tale strato, oltre a cellule proprie, le terminazioni delle cellule a pennacchio. Il fatto fu osservato da Bergmann nel 1857, da ciò il nome di fibre di Bergman dato, in passato, alle ramificazioni superficiali delle cellule a pennacchio”[2].

La caratterizzazione morfologica della sagoma a candelabro, pur facilitando il loro riconoscimento microscopico, non è stata di aiuto nella soluzione del rebus della loro fisiologia, dopo l’assegnazione alla classe degli interneuroni inibitori GABAergici.

Per comprendere il modo in cui la corteccia del cervelletto trasforma l’input delle fibre muscoidi nell’output delle cellule di Purkinje, è di vitale importanza lo studio dei singoli elementi di questo circuito. Le cellule a candelabro, in questo dispositivo funzionale, sono rimaste fino ad oggi degli interneuroni della corteccia cerebellare dal ruolo enigmatico, perché, se come si diceva possono essere facilmente individuate per morfologia, fino ad oggi non sono state stabilite le loro proprietà elettrofisiologiche, non si conoscono bene le loro connessioni sinaptiche e non si è mai riusciti ad attribuire loro uno specifico ruolo in base ad evidenze sperimentali univoche e convincenti.

Tomas Osorno e colleghi coordinati da Wade Regehr hanno affrontato e risolto brillantemente questo problema.

(Osorno T., et al. Candelabrum cells are ubiquitous cerebellar cortex interneurons with specialized circuit properties. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-022-01057-x, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurobiology, Harvard Medical School, Boston MA (USA); Albert Einstein College of Medicine, New York, NY (USA); Stanley Center for Psychiatric Research, Broad Institute of Harvard and MIT, Cambridge, MA (USA); F. M. Kirby Neurobiology Center, Boston Children’s Hospital, Harvard Medical School, Boston, MA (USA).

L'anno scorso così ho introdotto uno studio sul cervelletto:

Il cervelletto, descritto in anatomia umana per la prima volta nel XVII secolo e studiato nell’organizzazione citoarchitettonica topografica all’inizio del secolo scorso, è stato a lungo considerato una struttura implicata nell’equilibrio, nella coordinazione motoria, nella postura, nella regolazione della durata dei treni di scarica dei nuclei della base telencefalica e nella temporizzazione dei movimenti rapidi ed esplosivi. Fin quasi alla fine del ventesimo secolo, la maggior parte dei neurofisiologi escludeva, sulla base degli effetti di lesioni distruttive ed ablazioni chirurgiche, una partecipazione di questa importante sezione del sistema nervoso centrale all’elaborazione di processi direttamente connessi con le attività cognitive, affettive ed emozionali, sia nella componente intrapsichica sia relazionale.

Alcune caratteristiche della sua struttura regolare e ripetitiva avevano suggerito da molto tempo un ruolo nell’amplificazione di processi di base e Gerald Edelman già negli anni Ottanta lo includeva tra gli “organi di successione” del sistema nervoso centrale ma, sebbene sia stato studiato a lungo come partner della corteccia cerebrale, si sono dovuti attendere studi di neuroimmagine funzionale che hanno documentato la sua partecipazione a un lungo elenco di processi, anche se con ruoli in gran parte ancora poco definiti. L’atrofia vermiana e di parte degli emisferi cerebellari in un’elevata percentuale di pazienti affetti da disturbi dello spettro dell’autismo, l’accurata indagine neurocognitiva di pazienti con ipo-displasia del cervelletto, con parziale agenesia e lesioni acquisite in età adulta, hanno fornito indicazioni significative per tracciare nuovi profili di ruoli e programmare studi ulteriori. In particolare, non si dubita più della partecipazione di questa formazione della fossa cranica posteriore a compiti cognitivi complessi[3].

Alcune nozioni di anatomia descrittiva del cervelletto, e in particolare della corteccia cerebellare, sono state fornite in una recensione del 2020 alla quale si rimanda[4]; qui ricordo che all’interno della struttura le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso, emboliforme e nucleo del tetto. Una breve descrizione di questi nuclei si trova nell’articolo dello scorso anno[5]. Per una descrizione sintetica della corteccia si veda La corteccia del cervelletto umano è sorprendente di Giovanni Rossi[6].

La corteccia del cervelletto riceve due tipi di input eccitatorio molto diversi tra loro, cioè quello delle fibre rampicanti e quello delle fibre muscoidi. Le fibre rampicanti provengono esclusivamente dal nucleo olivare inferiore e sono assoni dei neuroni di questo nucleo; le fibre muscoidi hanno invece varia origine: dal midollo spinale, dalla colonna dorsale trigeminale, dai nuclei reticolari del bulbo, dal tegmento pontino e dal ponte basale. In tutti gli strati della corteccia del cervelletto si sviluppa un ricco plesso formato da fibre noradrenergiche e serotoninergiche che creano un reticolo fine con innumerevoli varicosità, che rilascia noradrenalina e serotonina prevalentemente con un meccanismo non sinaptico, ma di esocitosi paracrina che interessa in modo tonico e continuo notevoli volumi di tessuto corticale cerebellare.

Come è noto, le connessioni cerebellari sono prevalentemente configurate in due piani perpendicolari, corrispondenti all’organizzazione planare della corteccia del cervelletto. Le connessioni efferenti sono disposte in foglietti o fascicoli di fibre parasagittali che collegano linee longitudinali di cellule di Purkinje con specifici nuclei del cervelletto o vestibolari. I neuroni di Purkinje possono essere attivati in due modi differenti: l’attività delle cellule a granulo genera picchi semplici, simili alle risposte di altri neuroni dell’encefalo, mentre l’attivazione delle fibre rampicanti produce una depolarizzazione prolungata sulla quale si inseriscono varie onde acute realizzando picchi complessi. La frequenza dei picchi semplici è molto diversa da quella dei picchi complessi: una cellula di Purkinje può infatti generare centinaia di picchi semplici di potenziali d’azione al secondo, mentre la frequenza dei picchi complessi è molto bassa, e raramente supera i 3-4 al secondo.

Nella visione classica, l’attività delle cellule di Purkinje è regolata dalle locali cellule di Golgi, dalle cellule dei canestri e dalle cellule stellate. Le cellule di Golgi regolano l’eccitazione delle cellule di Purkinje attraverso l’inibizione presinaptica delle fibre muscoidi afferenti e, in tal modo, secondo la visione neurofisiologica corrente, agiscono da governatrici o limitatrici di frequenza dell’attività delle cellule di Purkinje.

Per indagare le proprietà delle cellule a candelabro della corteccia del cervelletto, conoscerne le connessioni sinaptiche e dedurne un ruolo fisiologico, Osorno e colleghi hanno adottato le metodiche elettrofisiologiche, il sequenziamento dell’RNA di singoli nuclei, l’ibridizzazione in situ e la microscopia elettronica seriale nel topo.

Il primo risultato di rilevo è stato di natura istologica: nello strato delle cellule di Purkinje del cervelletto, le cellule a candelabro sono l’interneurone inibitorio in assoluto più presente. I saggi hanno confermato che si tratta di neuroni che segnalano rilasciando GABA dai loro terminali sinaptici, hanno consentito di identificarle mediante caratterizzazione molecolare e, soprattutto, hanno rilevato la loro ubiquitaria presenza in tutti i lobuli del cervelletto. L’alta resistenza delle cellule a candelabro cerebellari rende le loro scariche altamente sensibili agli input sinaptici.

Le cellule a candelabro sono eccitate dalle fibre muscoidi e dalle cellule a granulo, mentre sono drasticamente inibite dai neuroni di Purkinje. A loro volta, le cellule a candelabro inibiscono primariamente gli interneuroni dello strato molecolare della corteccia del cervelletto, cosa che determina un’evidente disinibizione delle cellule di Purkinje.

L’insieme delle evidenze emerse da questo studio consente di concludere che input, output e segnali locali convergono sulle cellule a candelabro della corteccia cerebellare, per consentire loro di assumere un ruolo unico nel controllo del segnale in uscita dal cervelletto.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-21 maggio 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 



[1] Da non confondersi con le cellule a candelabro o neuroni asso-assonici che innervano da interneuroni inibitori GABAergici il segmento iniziale degli assoni delle cellule piramidali della corteccia cerebrale, in tal modo controllando l’attività dei circuiti corticali del cervello.

[2] Testut & Latariet, Anatomia Umana, voll. I-VI, vol. III (Sistema Nervoso Centrale – Ghiandole a Secrezione Interna), p. 245, UTET, Torino 1973.

[3] Note e Notizie 23-01-21 Origine nel cervelletto delle connessioni cognitive. Per un’introduzione al cervelletto v. articolo citato nella nota 4, nel quale si può leggere anche una descrizione sintetica della corteccia.

[4] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia del cervelletto umano è sorprendente.

[5] Note e Notizie 23-01-21 Origine nel cervelletto delle connessioni cognitive.

[6] V. nota 4.